Dal passo Duran (1605 m), salendo verso nord-est sulla variante 3 dell’Alta Via N. 1, abbiamo imboccato verso sud il Viaz dei Cengioni, percorso di antichi cacciatori di camosci che, dapprima per ripido sentiero nel bosco e poi su cenge esposte abbastanza impegnative perché non attrezzate, attraversa tutto il versante ovest delle Cime de le Lastie fino alla Forcella di S. Sebastiano (2326 m) e, da qui, alla cima.
Gruppo poco frequentato dove si assapora ancora il gusto del rapporto quasi personale con la montagna.
Il ritorno è lo stesso fino alla forcella; poi cala nell’ampio vallone detritico sotto la medesima per ritrovare nuovamente il bosco ed infine il passo Duran per un tempo complessivo, per l’intera escursione, di circa 7 ore.
“I viàz sono percorsi di traversata per cenge aspre ed esposte, che il camoscio utilizzava per i suoi spostamenti, individuati e sfruttati dai cacciatori ed ora proposti all’escursionista. Fino a non molti anni fa questi itinerari erano praticamente sconosciuti, descritti solo in pubblicazioni specialistiche, e divennero esplicita proposta escursionistica solo nel 1986 con la pubblicazione della guida “dolomiti di Zoldo”. 
I cacciatori di camosci zoldani nel secolo scorso furono particolarmente attivi, fornendo un fondamentale contributo sia alla conquista delle cime più importanti che alla difesa della valle contro le truppe austriache nel 1915. In generazioni di inseguimenti e “poste” per uccidere le prede, più per necessità che per diletto, questi ardimentosi cacciatori avevano acquisito una capillare e minuziosa conoscenza dei loro monti, di ogni vallone e canale e di cenge e forcelle che potessero collegarli. Tutta la montagna zoldana, fino al limite delle pareti rocciose dove il camoscio non si spinge (che non interessano quindi il cacciatore), è segnata da una fitta rete di percorsi di questo tipo.
Il carattere di questi itinerari richiede un’esperienza che supera quella del semplice escursionista, sia per le difficoltà che possono presentare che per la mancanza di segnalazione che li caratterizza, e richiede prudenza e conoscenza della montagna. I viàz sono infatti itinerari dove le uniche indicazioni sono costituite da ometti di pietra e così devono rimanere. Altri sentieri escursionistici, alpinistici o attrezzati, segnati e segnalati permettono di percorrere in lungo e in largo il territorio dolomitico per migliaia di chilometri. E’ doveroso che almeno in parte esso rimanga “naturale”: che si lasci spazio anche a chi desidera avvicinarsi alla montagna e conoscerla senza seguire cartelli e bolli multicolori, disposto ad affrontare eventuali “sorprese” che il percorso presenta.” (http://www.infodolomiti.it)
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