1. Stelutis Alpinis - Coro Sat
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Poche sono le cime che ho salito più di una volta; si potrebbero contare sulle dita di una mano! Sinceramente, sono poco attratto dalla ripetizione di una ascensione poichè tante sono le vette che, potenzialmente, si possono raggiungere. Differente invece è il mio atteggiamento nei confronti di località montane visitate nel periodo adolescente o della giovinezza. Ritorno quindi volentieri in posti già visti tanti anni prima per cogliere ciò che a volte è rimasto immutato oppure ha subito alterazioni incredibili.
Non ricordo come raggiunsi le sorgenti del Piave (1830 m) quarant’anni fa, durante un soggiorno parrocchiale a Cima Sappada; con chi invece si. Ricordo inoltre, non per speciali meriti di memoria ne per particolare spirito di osservazione, che il cippo della fonte del Piave, sormontato da un grande elmo d’alpino ora in posizione naturale, vi era posto allora in modo rovesciato, alla maniera di un catino. Ora tutto l’ambiente circostante la fonte è saturo di automobili come se ci si trovasse nel parcheggio di un grande magazzino; il sentiero che portava al rifugio Calvi è stato riqualificato a larga trattorabile, seppure non ancora asfaltata; un tratto della parete sud-est del Peralba ha subito per anni l’impatto degradante di una cava di pietra marmorea “fiore di pesco”, chiusa alla fine degli anni ottanta. Il rifugio, posizionato nel suggestivo terrazzo rivolto ad occidente e sotto l’incombente parete del Cjadenis, ha conosciuto migliorie interne ma ha mantenuto l’originaria struttura esteriore. Raggiunto il rifugio Calvi (2164 m) in un’ora circa dal parcheggio delle sorgenti, lo lasciamo immediatamente, preso d’assalto da escursionisti occasionali che consumano il pranzo e nugoli di bambini vocianti i cui schiamazzi ci accompagnano a lungo durante la salita per raggiungere l’attacco della via ferrata “Piero Sartor” (quota 2340 m). Salite le staffe che attrezzano la placca iniziale, si continua in sicurezza sulle ripide roccette, utilizzando buoni appigli per le mani e piedi fino ad arrivare alla fine dell’attrezzatura (quota 2480 m) in corrispondenza di un lembo prativo. Imboccando il sentiero marcato si perviene ad un possente spallone inclinato, inizialmente roccioso e molto esposto e, facendo attenzione a non smuovere sassi, si raggiunge la vetta con Madonnina, campana e croce (2 ore circa dal rifugio Calvi). Tenendosi sul lato sud del crestone sommitale, si scende verso levante lungo la via normale austriaca (denominata Via Giovanni Paolo II dopo la visita del pontefice nel 1988) tra detriti e resti di opere belliche. Si imbocca un canale che solca il fianco settentrionale del monte sfociando in un ampio pendio detritico, parzialmente attrezzato, in direzione del Passo dell’Oregone che tuttavia non raggiungiamo. Si devia invece verso destra in direzione del Passo Sesis (2375 m) e della mulattiera che riporta al rifugio Calvi (ore 1,30 dalla cima). Il rifugio ci accoglie ormai silenzioso. I rumorosi escursionisti lo hanno lasciato da poco e pure il grande parcheggio, giù verso le sorgenti, perfettamente visibile, appare quasi deserto. I pochi escursionisti che, come noi, hanno deciso di trascorrere la notte al rifugio per riandare per monti il giorno dopo, si godono il sole pomeridiano in attesa dell’ora di cena. La mattina dopo, non di buon’ora come s’usa su altri monti (qui le distanze sono brevi ed i tempi ridotti) ci apprestiamo per l’escursione sulle creste attrezzate del Cjadenis in un percorso non troppo impegnativo ma particolarmente interessante per le testimonianze degli eventi bellici della Grande Guerra e lo splendido panorama. Si ritorna dapprima al Passo Sesis, transitato il giorno prima, per deviare stavolta verso il Passo dei Cacciatori, leggermente più basso del Sesis, dove un cartello segna l’inizio della via ferrata (1 ora dal rifugio). Il percorso attrezzato sul lato sud-est del monte offre momenti emozionanti e passaggi delicati, affrontati in sicurezza, quando guadagna una cengia che attraversa vecchie postazioni militari fino a sbucare in vetta al monte Chiadenis (ore 1,30 dal passo Cacciatori).
La discesa avviene lungo la cresta opposta precorrendo dapprima il sottile crinale attrezzato e poi per gradoni e sfasciumi, al cospetto del Peralba, fino ad una serie di ripide lastronate rocciose e ad un’ultima lastra attrezzata che conduce ad un passo erboso, occupato dai resti di un fortino bellico, a pochi minuti dal rifugio (ore 1,30 dalla cima). |
Mappa della cima:
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