1. Rifugio bianco
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Nelle Dolomiti orientali, sulla cima di un colle prativo che emerge da folti boschi, c’è un bianco rifugio con ampie vetrate; alle sue spalle maestosi guardiani muti, i monti delle Pale di San Martino; davanti, più in lontananza, si rincorrono ovunque corone di vette, dal gruppo del Civetta-Moiazza a quello del S. Sebastiano-Tamer, dal gruppo dello Schiara ai Monti del Sole, che si stagliano negli intensi colori del cielo e delle nubi, oppure nei misteriosi silenzi delle notti stellate.
Il rifugio, situato a quota 1.735 metri ed inaugurato nel 1912, è stato il sogno del pittore veneziano Enrico Scarpa, che agli inizi del ‘900 ha voluto costruire il suo eremo solitario vicino al cielo… Negli anni seguenti il pittore strinse amicizia con un altro uomo delle vette, l’ingegnere Hoannes Gurekian, proveniente da una delle più ricche famiglie dell’Armenia… Ospite nel piccolo villaggio di Frassenè nell’estate del 1921, il giovane ingegnere se ne innamorava al punto di considerare il luogo e le contrade agordine come una seconda patria… Buona figura di alpinista Hoannes Gurekian sarà presidente della sezione agordina del C.A.I. Fra il ’33 e il ’46 sarà progettista di tutte le opere alpine da essa costruite: il rifugio Duran, il rifugio Carestiato e anche l’ampliamento e ristrutturazione del rifugio Scarpa. (Giorgio Fontanive, Escursioni nella conca agordina, CIERRE Edizioni) Classificata difficile, con alcuni tratti molto difficili, l’intera escursione al monte Agner è caratterizzata da un elevato grado di esposizione e da tempi di percorrenza assai elevati (otto/dieci ore complessive). Un canto di gallo, vero e non suoneria elettronica, che non sentivo più da tempo, ci richiama da una breve visita al mondo dei sogni e ci predispone dapprima alla colazione nel confortevole rifugio Scarpa-Gurekian e successivamente all’approccio della via ferrata Stella Alpina (quota 1.945 m) che risale la gigantesca piattaforma rocciosa del Lastei d’Agner, separata dall’Agner da una profonda gola (Canalone) che dai prati antistanti il rifugio sale ripida fino alla Forcella del Pizzon (2.625 m).
Seguendo le funi metalliche saldamente ancorate, ci si arrampica attraverso canaloni e diedri, su rocce ripide e spesso esposte nonché lungo camini verticali che stancano presto i muscoli delle braccia e richiedono nervi ben saldi. Alla fine della ferrata vera e propria (quota 2.300 circa) si continua su facili roccette alternate a tracce di sentiero, sempre in lieve ma costante esposizione attraverso i giganteschi lastroni (= lastei) di roccia che, salendo moderatamente, conducono alla forcella del Pizzon oltre il quale si trova il bivacco Biasin (2.645 m). Lungo la originaria via normale si guadagna la vetta del monte Agner, prima in ripida salita su gradoni di roccia attrezzata e poi per tracce di sentiero e brevi cenge esposte con passaggi di I°. ” … Ma non si può restare sulle vette, bisogna ridiscendere … A che pro allora? Ecco: l’alto conosce il basso, il basso non conosce l’alto”. (Renè Daumal). Ritornati al bivacco per la stessa via di salita, si intraprende la discesa (segni rossi) sul bordo sinistro del Canalone lungo stretti tornanti su tratti rocciosi a volte assai levigati, altrimenti su fondo detritico e pendii erbosi fino al grande spigolo roccioso che precipita, attrezzato, allo sbocco del canalone stesso. Qui giace una sottile lingua nevosa, molto compatta, a testimonianza di un antico nevaio che va lentamente estinguendosi. La si attraversa e ci si ritrova nuovamente sul sentiero che riporta, affaticati ma soddisfatti, al rifugio non prima di un fugace e fortunato incontro ravvicinato con un solitario camoscio. “La montagna insegna il silenzio; disabilita dalla chiacchera, dalla parola inutile, dalle inutili, esuberanti effusioni.” (Julius Evola). |
Mappa della cima:
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