MONVISO | |||||||||||||||
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White flag, bandiera bianca.
Ho deciso di partecipare al giro classico del Monviso con un pò di apprensione a causa di un lieve fastidio al ginocchio sinistro e conseguente timore di essere di peso alla comitiva escursionistica. Ho rischiato un poco, forse, ma ne è valsa veramente la pena. Dal trekking di tre giorni ho acquisito la consapevolezza che, dopo tanti anni di escursioni in montagna, ancora non è giunto il momento di appendere al chiodo scarponi e zaino. |
(Riferimenti in corsivo a: Girotondo intorno al Re di Pietra, di Toni Farina)
Incomincia molto tempo prima il giro del Monviso. Dal momento della sua organizzazione in occasione del 150° anniversario della fondazione del Club Alpino Italiano, a cura della sezione CAI di Ferrara, di cui faccio parte dal 1976. Un riferimento geografico ed esistenziale, desiderato e costruito nella mente. Ed infine si sale a Pian del Re.
Primo giorno [Pian del Re, (2020 m.)–>Colle del Viso–>rifugio Q. Sella, (2640 m.). Dalle 13,30 alle 17,30]
La presenza di svariati automezzi rende il luogo tutt’altro che regale. Per questo i camminatori vi si soffermano poco, il tempo di preparare lo zaino e salutare il Po. Il grande fiume corre rapido a valle mentre i camminatori vanno a monte. A passi lenti, barra a mezzogiorno, un occhio al sentiero ed un altro al Re di Pietra. Foschie permettendo, la sua è una presenza costante, in alto ed in basso, riflesso nei laghetti collocati lungo il percorso.
Primo della serie il Fiorenza, poi il Chiaretto, gemma turchese che impone una sosta prima del grande sbarramento morenico dove il sentiero si destreggia fra massi sparsi e conduce senza eccessivi affanni al Colle del Viso. Con il lago Grande in primo piano è difficile immaginare un luogo migliore del vicino rifugio Q. Sella per trascorrere la notte, quando le luci di paesi e città della pianura fanno da controcanto alle stelle.
Secondo giorno [rifugio Q. Sella–>Passo Gallarino–>Passo San Chiaffredo–>Grange Gheit (1912 m)–>rifugio Vallanta, (2450 m.). Dalle 7,45 alle 15,30]
Complici, a più riprese, concertini notturni per fiati ed il levare presto degli aspiranti alla vetta del Viso, l’alba ci coglie a colazione, dopo una notte trascorsa lenta e povera di sonno. I raggi radenti del sole ammantano di rosso il rifugio e la parete retrostante del Viso. Si riprende il cammino sull’altipiano delle Sagnette.
Senza pena si salgono i tornanti verso il passo Gallarino mentre alle spalle si sgranano le cime alpine: Monte Rosa, Cervino, Gran Paradiso, sagome eteree che ondeggiano nell’aria calda di fine estate. Al passo di San Chiaffredo (2764 m) si cambia. Valle, orizzonte, montagne. Dalla valle del Po alla valle Varaita, da mezzogiorno a ponente, dalle ultime Marittime alle Cozie più defilate. Non cambia però l’ambiente, pietre ed ancora pietre e laghi, di pietra anche loro.
Sotto lo sperone roccioso dov’è adagiato, poco distante, il bivacco Bertoglio e nei pressi di un laghetto si attraversa una vasta piana costellata da numerosi “omini di pietra“, tanti piccoli menir e qualche dolmen, coriose costruzioni erette da escursionisti che, da tempo, dedicano pochi minuti di sosta alla loro edificazione.
E’ faticosa la discesa nel vallone delle Giargiatte, angolo selvaggio. Contribuiscono alla suggestione le bizzarre sagome di roccia sul limite sinistro del vallone. Sul piano del Gias Fons si ritrova l’erba … e si trovano gli alberi. Fin qui non c’è stata “ombra” ma ora si rimedia alla grande. Ombre di larici e cembri sotto i quali la discesa si fa piacevole, fino all’incontro con il vallone di Vallanta.
Si cambiano ancora una volta ambiente e direzione: dal bosco alle praterie alpestri, da una miriade di tornanti ad una linea retta: Vallanta è una freccia profondamente infissa nel lato occidentale del massiccio. E così si va diritti, in comoda e costante ascesa fra alpeggi, praterie e fischi di marmotte. Ritorna anche il Sovrano. Un “Viso” diverso ma l’anima è sempre quella: pietra ed ancora pietra. Una fuga di lastre di roccia, un profilo ardito, è il Viso di Vallanta che incombe sul rifugio omonimo ed il laghetto sottostante. Rifugio moderno il Vallanta la cui copertura richiama il profilo del monte. Ed originale è la disposizione, al suo interno, delle brande che accolgono gli escursionisti; tante, tutte vicine e su piani diversi, combinate in maniera tale che per accedervi è richiesto un attestato di partecipazione ad un corso di arrampicata!
Il tramonto arriva presto al Vallanta e con esso la temperatura più fredda che obbliga al riparo dentro il rifugio, tra qualche birra ed tanti sbadigli, in attesa della cena. Gradita sorpresa del dopo pasto: la presenza di alcuni coristi di una formazione canora di fondovalle, ospiti nel rifugio, con i quali si scambiano canti di montagna e non.
Terzo giorno [rifugio Vallanta–>Passo Vallanta–>Refuge du Viso–>Colle delle Traversette–>Pian del Re. Dalle 7,30 alle 16,30]
L’alba del terzo giorno si presenta sotto un cielo color ardesia con una leggera pioggerellina che mette a rischio la prosecuzione del nostro trekking. Ed anche la temperatura non è quella del giorno prima. Arriva normalmente tardi il sole in quest’angolo delle Cozie e probabilmente oggi faticherà pure ad arrivare. A colazione la pioggia rallenta e finalmente cessa di cadere; dunque si può partire verso il passo di Vallanta nonostante il cielo plumbeo. Sul passo si cambia ancora: nazione, clima, orizzonte, montagne. Oltre confine ci sorprendono una breve nevicata, spazi diversi ed ampi, inusuali per la montagne piemontesi ed il Parc regional du Queyras, eccellente esempio di compromesso fra tutela ambientale e turismo. Raggiunti i cuscini erbosi intorno al Lac Lestio, si va quasi in piano al refuge du Viso (2460 m) mentre alle spalle il Viso cambia ancora volto. Grazie ad un temporaneo miglioramento del tempo, il Sovrano appare più discreto, una montagna fra le tante, conscio che il suo dominio è altrove.
E per tornare in Italia si va a levante, verso creste di roccia scabra lasciando l’orizzonte transalpino alle spalle. Un primo tratto morbido poi le rocce scabre prendono il sopravvento. E’ sassosa la conca sotto il colle delle Traversette, passaggio tra i due versanti alpini a quasi tremila metri di quota. E non poca fantasia ebbe chi, sul finire del 1400, pensò di agevolare il passaggio aprendo un pertugio appena sotto il Colle. Quattro anni di paziente lavoro, settantacinque metri di lunghezza e tre di larghezza nella roccia delle Traversette. “‘Le pertuis du Viso” o Buco del Viso, fu il primo “by-pass” alpino a scopo commerciale per evitare il ripido pendio sul lato piemontese, insidioso con neve e ghiaccio.
Si va nel buio, attraverso lo stretto ed impegnativo accesso francese (frana), per ritrovare in breve la luce d’oriente. I caldi ed umidi vapori della non lontana pianura indicano il ritorno in terra sabauda. Ha inizio una lunga discesa. Incontrato quasi subito il ripido sentiero che proviene dal Colle si prosegue su stretti tornanti giungendo in breve ad una casermetta diroccata. Insieme alla ferraglia arrugginita sparsa tra i massi, il rudere racconta di un periodo in cui quassù non passavano escursionisti ma uomini in arme.
Complice una densa foschia, il re di Pietra ritorna protagonista per breve tempo dove il percorso più agevole consente di divagare con lo sguardo. Poi il sentiero diviene una larga mulattiera che scende dolcemente verso il fondovalle tra praterie alpestri dove regna discreta la salamandra nera. Il Pian del Re è ormai vicino, appena visibile nella foschia pomeridiana.
Finisce il viaggio: stanchi certamente ma soddisfatti. E per ognuno il Monviso sarà d’ora in poi un compagno diverso.
Percorso rilevato con GPS e trasportato su mappa Google Earth: in verde primo giorno; in rosso secondo giorno; in giallo terzo giorno. In blu la linea di confine italo-francese. Cliccando sul simbolino della macchina fotografica si può visualizzare la foto.